Tornare a vivere - Cap. 9, || FF a capitoli ||

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kiarame_86
CAT_IMG Posted on 31/8/2009, 19:01




Introduzione


Qualche notte fa faceva caldo e non riuscivo a dormire, ripensavo al mare, allo studio e poi mi è venuto in mente il forum delle moms e mi sono detta perchè non mettere una bella storia d'amore tra i nostri personaggi preferiti?
Premetto io adoro Jasper, lui se ne sta sempre buono e tranquillo in disparte ma quando è il momento tira fuori una grinta pazzesca e mi sono detta chissà com'è il mondo visto da Jasper. E mentre Morfeo tardava ad arrivare ho inizato a pensare a una storia per lui, che tiri fuori il suo carattere, il romanticismo, la passione, il fuoco dell'uomo del sud americano.
Ma niente non sapevo che fargli fare, ad un certo punto mi ha pure maledetto perchè rimaneva fermo li su uno sfondo bianco, così gli ho detto prego accomadati qui mentre io seguo la mia lezione di letteratura americana, poi vedrò che farti fare. E mentre eravamo seduti li ho avuto l'idea perchè non mandarlo all'università come la sottoscritta? ok ma poi? che fa un vampiro vecchio di secoli ad un corso di storia della letteratura americana? probabilmente quei scrittori li ha pure conosciuti di persona.
Finisce la lezione, lui si alza per uscire, si volta parla con qualcuno accanto a lui e non si accorge della ragazza che sta raccogliendo la borsa da terra e bam, ecco l'idea.
Uno scontro casuale si trasforma nell'incontro della vita, lei si solleva e gli dice di guardare dove cammina, lui si scusa e la aiuta, si sfiorano, e poi via ognuno per la sua strada ma con delle sensazioni nel cuore che nessuno dei due aveva mai provato.
Da qui inizia la mia storia, da un incontro/scontro nasce una romantica storia d'amore.
Ed Alice?
Basta leggere per scoprirlo.

Buona lettura, spero che la mia follia sia di vostro gradimento.


Cap. 1 ADDIO ALICE

Era un giorno tranquillo come tanti altri, il cielo era coperto di nuvole, l’odore della pioggia era nell’aria assieme a quello di sangue, fresco, dolce, dissetante… “Jasper!” la voce di Edward mi riportò velocemente alla realtà: “Ti senti bene? Io, Esme e Emett andiamo a caccia, vieni?” più che una domanda sembrava un ordine: “Si, andiamo.”
Era proprio quello di cui avevo bisogno, non resistevo più a quel fragrante profumino di succulento sangue umano, avrei impiegato solo qualche secondo per raggiungere la statale che passava li vicino e fermare la prima auto che si sarebbe trovata sulla mia strada.
Uscimmo, durante il tragitto verso il folto della foresta mi venne in mente una cosa: “Esme scusa! Alice non viene a caccia?”
“No ha detto che uscirà più tardi con Carlisle, Rose e Bella” sembrava la cosa più naturale al mondo, almeno in quel momento.
“Jasper! Tutto ok?” era Esme, sempre così materna nei nostri confronti, aveva notato qualcosa che non andava in me e si era subito preoccupata “No, solo la fame che mi sta giocando brutti scherzi” sul volto di Esme apparse un sorriso, le piccole rughe di preoccupazione si distesero e mi rispose: “Bene, allora ti cedo volentieri il mio pranzo, io cerco più a sud.”
Subito non capi cosa volesse dire, stavo per chiederle il perché, quando percepì un lieve odore di sangue vivo, il battito del cuore era accelerato, lo sentivo sempre più vicino che rimbombava nella mia testa, mi incantava, chiusi gli occhi inalai ancora quel profumo, era delizioso anche se meno invitante di quello umano.
Mi voltai per ringraziare Esme ma lei stava già sfrecciando verso sud, mi preparai, annusai per l’ultima volta l’aria umida impregnata dell’odore del sangue, percepì quello che sembrava un orso dietro i cespugli davanti a me, mi acquattai vicino ad un albero e al momento giusto, scattai.
Un secondo dopo era ai miei piedi, morto, i miei affilatissimi denti conficcati nel suo collo come lame, sentivo il sangue caldo che scendeva lungo la lingua e accarezzava la mia bocca, era un esperienza unica ogni volta, era come raggiungere il paradiso.
Non lasciai l’orso fino a quando non ne fui completamente sazio, era il mio valido sostituto di sangue umano e poi non era facile trovare sempre orsi che ti sfamassero.
Esme e i miei fratelli tornarono poco dopo che avevo finito di nascondere la carcassa dell’animale e assieme ci avviamo tranquilli verso casa.
Quando raggiungemmo il giardino di casa tutto sembrava normale, le luci all’interno erano spente, un messaggio di Carlisle sulla porta ci avvisava che erano usciti tutti a caccia.
Emett entrò per primo e si piazzò sul divano a vedere le partite alla TV, Edward che lo seguiva proseguì verso la sua camera e Esme si fermò al grande tavolo del salone per finire gli ultimi ritocchi al progetto della nuova casa per Rose e Emett che avevano nuovamente distrutto, io rimasi seduto sotto il portico in attesa del ritorno della mia Alice, per quella sera avevo in mente qualcosa di speciale.
Ad un certo punto chiusi gli occhi e mi misi in ascolto del bosco che circondava la nostra casa, setacciai ogni angolo, ogni ramo, ogni foglia, i suoni che ne ricavavo erano così rilassanti, ma ad un tratto qualcosa batté sulla mia spalla, era Edward “Ehi! Da quando hai bisogno anche di dormire?” mi canzonò “Non stavo dormendo, stavo solo ascoltando il bosco, volevo capire perché ti piace tanto fermarti ad ascoltarlo quattro uccelli che cantano.”
“Spiritoso! Tieni c’era questa attaccata alla tua porta”
Mi passò un foglio piegato in tre, chiuso con un po’ di cera, ruppi il sigillo e guardai la pagina scritta a mano in bella calligrafia, da Alice.
Lessi riga dopo riga e parola dopo parola il mondo mi crollò addosso, iniziai a non capire più il significato di quelle parole ogni volta che le rileggevo, avevo il caos nella testa, ad un certo punto senti Carlisle chiamarmi: “Jasper! Jasper! Ti senti bene?”
“Io… non… Alice…se ne andata” farfugliai, Carlisle stava di fronte a me preoccupato, gli porsi la lettera, la lesse velocemente, mi guardò di sfuggita e tornò alla lettera scritta in bella calligrafia.
Dopo qualche secondo venne a sedersi accanto a me sul divano “Sai perché l’ha fatto? Non ti ha detto niente?” mi chiese col suo tono paterno, scossi la testa “Quando siamo usciti era la solita vivace Alice.”
Carlisle annui e disse più per convincere lui che consolare me: “L’abbiamo persa di vista quando è iniziata la caccia, quando ci siamo ritrovati pensavamo che fosse tornata da sola, le sue tracce erano sparite, ora capisco perché.”
Questo non mi fece stare per niente meglio: “Carlisle posso rimanere da solo per favore!?”
“Certo, ne hai tutto il diritto. Vado a dare la notizia agli altri, se hai bisogno di qualcosa sai dove trovarci.”
“Grazie!”
Carlisle rientrò in casa, udì le voci, lo stupore, la delusione, la tristezza e la compassione, quest’ultima avrei preferito evitarla, tornai a concentrarmi sul bosco, i rumori di prima erano scomparsi, avevano lasciato spazio al leggero ticchettio della pioggia, le lacrime che io non avevo.

2 GIORNI DOPO

“Jasper, come stai?” fu la voce preoccupata di Esme a destarmi dai miei pensieri, era seduta accanto a me, mi stava accarezzando il capelli come farebbe una madre col proprio figlio: “Non lo so mi sento quasi vuoto, come se tutti questi anni fossero stati solo un bellissimo sogno” le parole mi uscirono placide, afone, quasi prive di significato.
Esme aveva ancora quello sguardo preoccupato, dopo un po’ mi disse: “Ti va di entrare? Sono due giorni ormai che sei seduto qui, siamo tutti preoccupati per te.”
Erano già passati due giorni, Esme mi fece un sorriso carico di dolcezza e mi porse la mano, non seppi resistere a quel gesto così materno e affettuoso, acconsenti alla sua richiesta.
Ormai Alice se n’era andata e io non sapevo dove cercarla, solo un pensiero si affacciò alla mia mente e prima di entrare sussurrai solo due parole: ADDIO ALICE!

Cap. 2 SVAGHI

La luce e il buio ormai si alternavano rapidamente, di giorno vagavo per casa senza una meta precisa, di notte uscivo a setacciare ogni singolo angolo della foresta alla ricerca di qualcosa che mi portasse alla mia Alice.
La pena che tutti provavano per me era fastidiosa, non ne potevo più, a volte li sentivo bisbigliare allora ascoltavo nella speranza di captare qualche piccolo accenno ad Alice, non poteva essersene andata così senza una parola o una scusa, Edward avrebbe dovuto leggere nella sua mente qualche indizio, ma più i giorni passavano e più la mia speranza di ritrovarla si affievoliva.
Un giorno me ne stavo disteso sul letto alla ricerca del suo profumo sulle lenzuola, le pesanti tende erano chiuse per non far entrare la luce, l’unico rumore era nella camera di Edward accanto alla mia, aveva acceso lo stereo.
Bella e Rose erano andate in città a fare shopping, Emett e Carlisle erano nel salone davanti alla TV a guardare i canali sportivi, Esme stava giocando con Renesmee mentre Edward impegnava il tempo leggendo un libro.
Ad un tratto udì dei rumori provenire dal salone e voci concitate, “Alice” fu il mio unico pensiero, era tornata, mi precipitai giù dalle scale, dietro di me Edward mi seguiva con la stessa curiosità.
Raggiungemmo il salone rallentando la nostra corsa, non c’era niente di strano solo Rose e Bella in mezzo al salone con delle buste in mano, Emett era in piedi accanto a loro con in mano un pacco semidistrutto e Carlisle che rideva sul divano.
Emett ci riservò il suo sorriso fieri di quando otteneva qualcosa, notò la delusione sul mio volto così disse: “E’ in arrivo un temporale, tempo ideale per una partita, che ne dite?”
Sembrava un bambino in attesa dei giocattoli: “Su Jasper, siamo in dispari, Bella non gioca, deve stare con Renesmee.”
Tutti videro la mia espressione rassegnata e priva di espressione, Carlisle e Esme mi incoraggiarono, mentre Rosalie fu cinica come sempre: “Dai Jasper non farti pregare è ora che tu esca da quella maledetta camera e smetta di compiangerti, ormai non tornerà più”
Emett le diede una piccola spinta col gomito sulla schiena, ma Rosalie sembrò irritarsi ancora di più: “Che c’è? E’ la verità, Alice non tornerà, lo so io e lo sapete anche voi, ormai è ora che se ne faccia una ragione e inizia a darsi una mossa.”
“Rose!” fu Carlisle questa volta a rimproverarla, sentivo tutti gli occhi su di me, era tutto vero Rose aveva detto la pura verità ma io non volevo rendermene conto, dissi solo una cosa: “Ok! ho capito vado a prendere le mie cose.”
Vidi gli occhi di Bella velarsi, Esme e Carlisle si alzarono e dalla loro agitazione sembravano essere caduti nella mia trappola, Edward sicuramente stava già passando in rassegna la mia mente, lo senti agitarsi alle mie spalle, e prima che potesse svelare il trucco dissi: “Forza abbiamo una partita da giocare, che fate tutti li impalati, non è un funerale”
La tensione che si era accumulata nella stanza poco prima iniziò a sciogliersi lasciando spazio a gioia e felicità, un sentimento che non provavo ormai da settimane, vidi di sfuggita Rosalie dare un colpetto a Emett: “Hai visto! Ha funzionato, lo sapevo” disse divertita.
Tornai in camera per cambiarmi d’abito e mi assalì il ricordo dell’ultima partita che avevamo giocato, Bella era ancora umana, avevamo incontrato i vampiri nomadi, la mia Alice era ancora con me ed eravamo tutti felici di essere li.
Mi cambiai velocemente e mi precipitai in garage nel tentativo di fuggire a quei ricordi, trovai Carlisle pronto alla partenza, saremmo usciti con la jeep di Emett, era l’ideale per andare nella foresta dove i sentieri erano più tortuosi e stretti.
Partimmo, sentivo la tensione di Bella, era la sua prima partita da vampira e per di più con la bambina, non avrebbe giocato ma riuscivo comunque a percepire il suo nervosismo probabilmente stava ricordando la sua partita precedente, le allevia la tensione, lei sembrò accorgersene e mi fece un sorriso in segno di gratitudine.
Arrivati alla radura ognuno prese posizione, Bella avrebbe fatto da arbitro, fischiò l’inizio del gioco, e tutto sembrò tornare come ai vecchi tempi, il temporale in arrivo, noi che giocavamo, correvamo, disposti a tutto pur di vincere.
Devo ammettere che la partita fu proprio una bella idea, tornammo dopo un bel po’ di ore, e una decina di partite, eravamo tutti stanchi ma felici, era passato tanto tempo dall’ultima volta che avevamo giocato in quel modo.
Il ritornò fu altrettanto piacevole, chiacchierammo della partita, delle ultime novità in città, della caccia, a tal proposito pensai che era un’eternità ormai che non mangiavo, in quel momento infatti avrei sbranato la prima cosa che mi sarebbe capitata a tiro umana o non.
“Jasper a che pensi?” mi chiese Edward, lo guardai torvo: “Dovresti saperlo, e poi che fai mi leggi nel pensiero adesso?” chiesi scherzando, tutti scoppiarono a ridere, per qualche minuto finalmente ero riuscito a dimenticarla.
Una volta giunti a casa Esme mi prese in disparte e mi sussurrò: “E’ da un po’ che non vai più a caccia, hai gli occhi neri come le tenebre, in frigo se vuoi c’è qualche scorta che Carlisle ha portato a casa quando Bella aspettava ancora Renesmee, usale se vuoi.”
Scoccai un bacino sulla guancia di Esme e corsi in cucina, non poteva immaginare quanto le fossi grata in quel momento.
Apri il frigo e vi trovai ben cinque bicchieri di sangue, ne trangugia quattro senza batter ciglio, era sangue umano, fantastico.
Quando fui sazio chiusi il frigo e gettai i bicchieri poi rimasi al buoi in ascolto del silenzio, finalmente dopo tanto mi sentivo ancora bene.
Bella entrò in cucina proprio in quel momento di pace: “Jasper! Noi giochiamo un po’ a monopoli con Renesmee, ti va di unirti a noi?”
Sorrisi, qualcosa che non facevo da un’eternità: “Certo, arrivo” risposi, tutti quei svaghi mi avevano distratto e ora ne sentivo la necessità, erano diventati come una droga, riuscivano ad alleviare il mio dolore.

Cap. 3 LETTERE E PENSIERI

Era passato un mese e mezzo ormai da quando Alice se n’era andata, piano piano sentivo la mancanza affievolirsi, diventava sempre più parte di me, ora passavo le giornate a fare qualcosa che mi tenesse impegnata la mente, non volevo continuare a pensare a lei, faceva troppo male, anche se solo per poco volevo togliermela dalla mente.
Un giorno tornai da un giro in moto, sali in camera per cambiarmi, gettai uno sguardo al letto, c’era qualcosa che non tornava, c’era una busta bianca, la presi in mano e la voltai, il mittente era la UCLA.
Strappai la busta e apri il foglio, lessi velocemente il contenuto: “Complimenti signor Hale, grazie ai suoi ottimi voti e all’impeccabile carriera scolastica, abbiamo deciso di ammetterla alla frequenza dei corsi serali presso il nostro istituto come da lei richiesto…”
Sai che novità essere accettato dalle università, ogni anno ne sceglievamo una, tanto per dare l’impressione di essere ragazzi normali con delle aspirazioni, in passato avevamo già frequentato i corsi di Harward, Yale e Berkley, figuriamoci se non ci accettano alla UCLA che per di più è un’università statale, ormai per noi era diventato un gioco: Indovina a cosa mi laureo tra 5 anni?
Gettai la lettera sul letto matrimoniale, ormai troppo grande per una persona sola che non lo sua affatto e continuai a cercare quel libro che avevo letto ormai un secolo fa sui miti e leggende di noi vampiri, era spassoso.
Qualcuno però interruppe la mia ricerca bussando delicatamente alla mia porta: “Avanti” gridai immerso nella mia cassa di vecchi ricordi.
Bella entrò elegantemente come aveva imparato a fare da quando si era trasformata, aveva acquistato anche un certo gusto nel vestirsi, merito di Alice e Rose che la usavano come la loro personalissima bambola.
“Disturbo? Vorrei parlarti di una cosa se posso.” Era tesa, potevo sentire il suo nervosismo dalle parole: “Certo accomodati pure, se vuoi c’è anche un divano dove puoi sederti,” mi fissava sempre più nervosa “Grazie” sussurrò e andò ad accomodarsi sul divano di fronte al letto, si guardò attorno e sospirò, capi il perché e mi giustificai: “Ho tolto tutte le cose di Alice, faceva troppo male vedere il suo mondo mischiato al mio quando lei invece se ne andata per sempre.” Bella semplicemente annuì ma non smise di essere inquieta.
Usai il mio potere per tranquillizzarla, se ne accorse e accennò ad un sorriso poi disse: “Sono così nervosa?” fu il mio turno di sorridere: “Certo, sembri una corda di violino.”
Abbassò lo sguardo, se fosse stata ancora umana probabilmente sarebbe arrossita, mi sedetti di fronte a lei sul letto e la invitai a dirmi perché era venuta da me: “Be sei l’unico credo che può darmi un consiglio sincero, perciò prima di cacciarmi ascoltami.”
“A tua disposizione, sorellina” le dissi per sciogliere la tensione che si faceva sempre più avanti, sorrise e disse tutto d’un fiato: “Non voglio andare all’Università della California.”
Rimasi per un secondo immobile, non capivo cosa voleva dire con questo “Bella non credo di essere la persona più adatta a cui dire questa cosa, dovresti parlarne con Edward” lei si agitò sul divano e capi che Edward sapeva già tutto, la lasciai parlare: “Lui non vuole, ha detto che ho già sacrificato abbastanza della mia vita e adesso vuole che almeno faccia l’esperienza dell’università”
“Capisco, in effetti non ha tutti i torti, l’università potrebbe essere una bella esperienza per te” dissi cercando di essere il più convincente possibile, ma lei non volle ascoltarmi: “Perché tutti mi dite la stessa cosa, anche Esme e Rose mi hanno detto che sarà bello, ma nessuno pensa a Renesmee e a quello che voglio io?” si stava innervosendo, tutti volevamo il suo meglio e cercavano di farle vivere una vita il più normale possibile: “Bella, sei giovane, hai l’età giusta per fare questa esperienza e poi se Esme ti ha detto di partire vedrai che avrà anche la soluzione per Renesmee, per quanto riguarda te non riesco a capire perché tu non voglia vivere come gli umani, tutti noi facciamo vite il più simile a quelle dei vivi, andiamo a scuola, lavoriamo, fingiamo di mangiare…” Bella era esasperata non sapeva che fare, nessuno voleva darle retta, era venuta da me in cerca d’aiuto e io non ero stato poi così di grande aiuto: “Capisco quello che provi, di tempo per entrare all’università ne hai tantissimo, se per ora vuoi evitare gli studi per me va bene però poi prima di poter entrare nuovamente in una qualsiasi università dovrai frequentare ancora il liceo questo lo sai vero?”
Bella per un attimo mise da parte la sua inquietudine e mi fissò dritto negli occhi, rimasi stupito dalla velocità col quale anche i suoi occhi avevano perso il rosso caratteristico dei neonati per lasciare spazio al quel caldo marrone nocciola: “Cosa?” disse quasi inorridita, quell’ingenuità mi sbalordì: “Certo, le università non prenderanno mai in considerazione la richiesta di una persona che ha finito il liceo da tanto tempo, ci sono molti ragazzi brillanti appena usciti dalle scuole, e poi una laurea non ti farebbe male, è un’assicurazione che fai per poter cambiare vita in modo più rapido” Bella assunse un’aria enigmatica: “Cosa scusa?”
“Be col tempo prenderai diverse lauree così quando ci sposteremo avrai l’opportunità di fare lavori diversi, assumere un’identità diversa.”
Bella rimase sbigottita, probabilmente non aveva mai pensato a quella opportunità, ma insistette che quello non era il momento più opportuno per scegliere una laurea, mi arresi, accettai di appoggiare la sua idea di rimanere a Forks ancora per qualche tempo, fino a che Renesmee non fosse stata abbastanza grande.
Mi ringraziò ed usci dalla porta con una grazia tale che mi sembrava strano che fosse la stessa Bella di sempre,: “Ci ha proprio guadagnato con la trasformazione, non è più goffa, ha classe ed è anche diventata molto bella, probabilmente se mi sentisse Edward mi ringhierebbe contro.” Pensai. “Appunto smettila di pensare alla mia donna in quei termini o ti mordo” mi rimproverò Edward dal corridoio delle scale, sapevo che ci stava ascoltando e avevo voluto giocare un po’ con lui: “Ok, ok la smetto subito” gli risposi divertito.
La sera scesi in salone, trovai Edward e Bella vicini alla veranda che discutevano ancora dell’università, Rosalie sfogliava una rivista di moda ed Emmett guardava le partite della giornata.
Un po’ alla volta Edward e Bella coinvolsero tutti nella loro discussione, ognuno diceva la sua ma nessuno ovviamente sentiva i pareri degli altri, fino a che non arrivò Carlisle dal turno in ospedale.
Fu proprio lui a mettere pace tra noi: “Ho la soluzione” disse fiero: “Io e vostra madre ne abbiamo parlato a lungo oggi e abbiamo deciso che ci trasferiremo tutti a Los Angeles” ci guardammo tutti sbigottiti, non era mai successo che Carlisle prendesse decisioni così drastiche senza discuterne prima assieme a noi. Si fece avanti Esme per spiegare meglio la situazione: “Faremmo come quella volta che siamo dovuti scappare per non fare del male a Bella, Carlisle all’ospedale di Los Angeles ha ottime referenze e può tornare quando vuole, io potrò collaborare con uno studio di architettura molto famoso in California e voi potrete andare all’università”
Mille domande si affollavano nella mia testa, ma Edward me le rubò una alla volta: “Si ma come faremo per la casa e poi c’è la piccola,” fu Carlisle a risolvere tutti i dubbi: “Non ci sono problemi, la casa che avevamo sulle colline l’abbiamo comperata, ci sembrava un buon investimento e sapevamo che poteva tornarci utile, voi tre andrete all’università, Emmett tu potrai lavorare in un centro fitness aperto anche la notte mentre tu Rosalie potrai cercarti un lavoro nel campo della moda, li avrai molte opportunità.”
Rose tentò di obiettare ma fu un tentativo piuttosto debole, Emmett invece sembrava elettrizzato all’idea di passare il suo tempo in un centro fitness, Edward e Bella semplicemente non erano d’accordo, ma Esme li tranquillizzò: “Non preoccupatevi per la vostra bambina, la casa ha un giardino molto grande ed è ben protetto, potrete uscire anche di giorno, e poi alla sera noi terremo compagnia alla bambina fino a che voi sarete alle lezioni.”
Edward sembrò felice e l’idea tranquillizzò anche Bella.
Esme ci diede l’ultimo avviso prima di ritirarsi: “Mi raccomando ragazzi, si parte Lunedì notte, per l’alba dobbiamo essere a Los Angeles.”
Era fatta, tutto era già stato programmato, noi dovevamo solo raccogliere le nostre cose e prepararci alla partenza.
E così passò un’altra notte, c’era chi pensava all’università, chi era eccitato all’idea del nuovo lavoro, chi sognava e chi come me aveva la mente sgombra perché era impegnato a tenere a bada i sentimenti contrastanti che si agitavano in lui.

Cap. 4 LOS ANGELES

Martedì arrivò così velocemente che Bella fece quasi fatica a trovare il tempo per spiegare tutto a suo padre e al suo amico cane.
Tutti noi in poco più di un giorno avevamo raccolto le nostre cose, Carlisle aveva anche sistemato tutti i documenti per il trasferimento della famiglia e del lavoro a Los Angeles, era andato a vedere lo stato della nostra futura casa e ci aveva assicurato che non era in centro città, anzi era fuori sulle colline di Bel Air, dove viveva gente ricca e famosa con un estremo bisogno di privacy come noi del resto, le case non sarebbero state così distanti come a Forks però la privacy non era male e poi la strada per il campus era cortissima.
La partenza era programmata per martedì notte, così prima che il sole sorgesse lasciammo Forks per iniziare una nuova vita, partimmo con quattro auto, saremmo tornati a prendere le altre tre e la mia moto successivamente, la vecchia casa ormai era priva di ogni senso, i mobili erano coperti da teli bianchi, tutti i tendaggi erano stati tirati per evitare intrusioni di curiosi e le porte erano state tutte sprangate, avevo lasciato un biglietto sul mio letto nel caso Alice fosse tornata e non ci avesse trovati, probabilmente era solo un’illusione ma speravo ancora in un suo ritorno, avevo un disperato bisogno di crederci.
Guidammo nella notte più scura per più di tre ore e finalmente quando l’alba iniziava a dipingere l’oceano con i suoi mille colori noi avevamo già raggiunto le porte di Los Angeles, facemmo una sosta lungo la highway che da Malibù porta alle colline di Beverly Hills e poi da li a Bel Air, ci godemmo l’alba, poi ripartimmo nascosti dai vetri scuri delle nostre auto, in giro non c’era ancora anima viva, solo noi e il sole che sorgeva.
Fu uno spettacolo indimenticabile, a Forks era raro vedere sorgere il sole in un cielo così limpido e privo di nuvole, era più probabile vedere sorgere le nuvole all’alba, avrei voluto che con me ci fosse anche lei il mio angelo per goderci assieme questo spettacolo, ma lei non c’era era volata via leggera come una colomba.
Salimmo sulle colline, verso la nostra nuova casa, un quarto d’ora di strada ed eravamo già arrivati, Carlisle non si sbagliava quella gente era stra ricca e alla ricerca della privacy, attorno alle loro case c’erano alte siepi verdi o mura di cemento alte almeno tre metri, anche la nostra dimora era circondata da un’alta e folta siepe verde e all’interno si intravedevano alberi.
La casa era stupenda, era il doppio di quella vecchia, era circondata da un parco con degli alberi altissimi, il garage era fantastico, poteva ospitare tutte le nostre auto, la mia moto e avanzava ancora spazio, la casa era altrettanto meravigliosa, c’era già un po’ di arredamento, merito di Esme che aveva fatto un lavoro stupendo, avevamo una cucina modernissima che non sarebbe mai stata usata, un salone con divani morbidissimi e un megaschermo attaccato alla parete, un camino talmente grande che potevamo arrostire qualcuno e un bellissimo tavolo in legno massello, le camere erano altrettanto belle, tutte avevano il loro stile, chi classico e chi barocco.
Io decisi di stare nell’ultima camera in fondo al corridoio, era grande come un appartamento, avevo bagno indipendente e cabina armadio, mi sembrava di stare in un albergo in Europa, il soffitto era decorato da cornici bianchi e l’interno era stato colorato con un giallo tenue, da un lato avevo pareti con ampie finestre con tendaggi leggeri sotto e broccato blu notte sopra , la parete dove era appoggiata la scrivania aveva un bellissimo dipinto, un uomo su una barca trainata da un bellissimo cigno, pensai a cos’era passato per la testa ad Esme quando aveva arredato quel posto, era un misto tra barocco e classico, mischiati assieme in maniera perfetta.
Svuotai i miei bauli e poi decisi di partire per un giro turistico della casa, pensai che se tutte le stanze e le sale avevano lo stile della mia quel posto era una reggia europea trapiantata sulle colline di Los Angeles.
Sulle scale trovai Edward e Emmett che chiacchieravano e si confrontavano sullo stile delle proprie camere, Edward mi chiese: “Jasper: la tua camera che stile ha: classico o barocco?” sinceramente non lo sapevo che stile era di preciso: “Non lo so, a me sembra di stare in un albergo europeo, credo sia barocca misto classica” risposi. Edward scoppiò a ridere e Emmett lo riprese: “Hai visto non sono l’unico che non ne capisce di arte, mica siamo come te che troviamo il tempo di andare anche in Italia.”
Ridemmo tutti di gusto, ormai il viaggio in Italia di Edward era solo un pretesto per prenderlo in giro; nel pomeriggio tornammo a Forks a prendere le ultime cose rimaste nel garage, caricammo la moto sul furgone di Emmett e il resto delle cose sulle due auto, ora avevamo svuotato la casa del tutto, ora eravamo ufficialmente cittadini californiani.
Tornammo nella nostra nuova casa che si era appena fatto buio, Esme e Carlisle erano nel salone che discutevano davanti ad una cartina della città: “Ragazzi, venite qui dobbiamo chiarire alcune cose tutti assieme” gridò Esme per farsi sentire anche da Rosalie e Bella che stavano al piano di sopra.
Dopo alcuni secondi apparvero sulle scale e si avvicinarono al tavolo, Carlisle lisciò la mappa e iniziò a parlare: “Allora ragazzi per prima cosa dobbiamo chiarire il discorso caccia, qui non abbiamo la foresta come nella nostra vecchia casa, dobbiamo cacciare in questa zona a Nord dove ci sono le foreste ma dovremmo stare tutti attenti, cercheremo di andarci di notte o al crepuscolo per evitare la gente, per le emergenze vedrò di procurare io del sangue. E’ tutto chiaro?”
Chiarissimo, saremmo stati messi a dieta se non trovavamo delle alternative.
Per la serata decidemmo di fare una visita al campus della UCLA, tanto per vedere l’ambiente e dove erano dislocati gli edifici, Edward era l’unico che sapeva cosa avrebbe scelto mentre io e Bella eravamo ancora in alto mare, probabilmente avrei scelto qualcosa di facile magari storia così qualcosa me la ricordavo già dal mio passato.
Il campus era come tanti altri, aveva tutte le strutture necessarie all’interno di un certo perimetro: alloggi, ristornati, bar, librerie, biblioteche, dipartimenti e uffici per la sicurezza, salute e poste.
Girando da un edificio all’altro mi accorsi che uno lo conoscevo già, l’avevo visto in un vecchio telefilm degli anni novanta, se non sbaglio era su una cacciatrice di vampiri, era esilarante quel telefilm, ci faceva sembrare mostri che si vaporizzano col sole, quella Buffy però, due morsi glieli avrei dati volentieri.
“Si anche noi” mi canzonò Edward. “Ehi ma che…allora lo fai per vizio leggermi i pensieri”
“No ma erano così forti che sembrava li stessi urlando al mondo” disse ridendo, risi anch’io, Bella ci squadrò da cima a fondo e sussurrò: “Vedi Renesmee papà e lo zio ogni tanto danno di matto” anche la bambina scoppiò a ridere e passammo così la nostra prima serata al campus.
Tornammo a casa, tutti si ritirarono nelle proprie stanze, io invece preferii uscire in giardino, era una bellissima notte, si vedevano le stelle da lassù, ai nostri piedi la città brillava invece di mille luci, li sembrava sempre giorno, mi distesi sul bordo della piscina a pensare, nell’arco di due mesi la mia vita era cambiata, avevo una compagna meravigliosa da cui non mi separavo mai e ora non c’era più, a Forks potevo uscire quando volevo per la caccia, ora non potevo fare neanche questo perché le foreste erano distanti, l’unica cosa che mi era rimasta era l’amore della mia famiglia, mi ero unito a loro da poco tempo però mi hanno sempre trattato come un figlio, ho dei fratelli e delle sorelle stupendi e ora anche una nipotina, forse a 166 anni sentivo la mancanza di una cosa: una famiglia tutta mia.
Soffrivo per tutto questo, lo facevo in silenzio, cercando di seppellire il mio dolore così che nessuno potesse scovarlo e portarlo a galla dove tutti avrebbero potuto intromettersi, sentivo che anche gli umani provavano lo stesso dolore, ma loro potevano piangere, io no, forse era questa la nostra dannazione, non poter mostrare senza parole quello che proviamo.
Tutto stava diventando così difficile, vedevo la felicità attorno a me mentre io provavo solo dolore, stavo imparando a fingere ma non serviva a molto, non alleviava il tumulto di sentimenti che si agitavano in me, una sola soluzione avanzava sempre di più nella mia mente ma avevo paura ad abbandonarmi a quella folle idea, Edward avrebbe potuto sentirla e avrebbe potuto fermarmi.

Cap. 5 TORNARE A VIVERE

Quel che rimaneva di settembre volò via così in fretta che mi sembrava ieri quando Edward aveva trovato la lettera di Alice sulla mia porta, quelle parole mi avevano trafitto e facevano più male di un morso di vampiro, avevo sofferto di più durante la mia trasformazione.
E poi quelle parole: “Un giorno capirai.”
“Che diavolo devo capire, perché mi hai lasciato, perché mi hai fatto del male, o al diavolo Alice, perché mi hai fatto tutto questo, ti odio!”
Perché arrabbiarmi? Ormai era tutto inutile, la mia ira, il mio dolore non l’avrebbero fatta tornare, ero patetico, ormai lei era lontana chissà dove, chissà con chi mentre io ero li che affogavo nel mio dolore, basta era arrivato il momento anche per me di tornare a vivere.
Era il primo giorno di ottobre, il primo giorno di lavoro per Carlisle, il primo giorno di Renesmee senza genitori, il nostro primo giorno di corsi all’università, il mio primo giorno di una nuova vita senza Alice, senza dolore.
La sera scese velocemente, alle 5 iniziava la nostra prima lezione di letteratura europea, Renesmee quando ci vide uscire iniziò a fare i capricci ma Esme riuscì ad attirare la sua attenzione con una tecnica segreta che solo le mamme possono conoscere, Bella uscì con un po’ di apprensione per la sua bambina ma Edward la tranquillizzò, con Esme sarebbe stata più che bene.
La nostra prima lezione era al dipartimento di umanistica, era un’aula a gradoni, come le arene romane, ogni gradone era una fila di banchi, quando arrivammo la maggior parte dei posti a sedere erano occupati, dovemmo salire quasi fino alle ultime file, per me era difficile stare in un’aula chiusa con molte persone, qui non si trattava più di una stanza con venti persone dal buon odore di cibo, si trattava di stanza alte quattro o cinque metri che potevano ospitare fino a trecento/quattrocento persone.
Bella ci sorprese, nonostante la sua giovane età e l’essere diventata da poco una vampira riusciva a gestire i propri istinti in maniera fantastica, in pubblico tenevo sempre sotto controllo le sue emozioni e Edward tentava sempre di leggerle i pensieri in modo da prevenire qualsiasi sopravvento del nostro naturale istinto, a volte ci riusciva e a volte no, Edward ormai era un maestro nel controllarsi mentre per quanto mi riguardava era difficilissimo, se potevo evitavo di respirare ma a volte era difficile.
Questo era uno dei casi più difficili, dovevo respirare per non dare nell’occhio, se qualcuno mi avesse visto probabilmente si sarebbe insospettito, dovevo controllare il mio istinto come faceva Edward o Bella, ma avendo bevuto per un lungo tempo sangue umano era difficile resistere a quel richiamo.
Subito dopo di noi arrivò anche l’insegnante, tentai di concentrarmi sulla sua voce per cancellare il rumore dei trecento e più cuori che pulsavano nell’aula, si presentò, capi poco o niente di quello che disse i primi dieci minuti, spense le luci, le finestre erano chiuse e l’odore di sangue era sempre più forte, iniziai a cercare una qualsiasi distrazione purché funzionasse, evitai di pensare ad Alice, in quel momento ero ancora in collera con lei, cercai di concentrarmi sulle slide che il professore mostrava sullo schermo, dopo un quarto d’ora la porta in fondo alle scale a destra si aprì e l’odore di fresco proveniente da fuori mi diede un leggero sollievo, pregai che quella persona si dimenticasse di chiuderla, ma non fui ascoltato, per qualche minuto l’odore di fresco rimase, poi tornò l’odore di sangue, il rumore dei trecento cuori pulsanti di vita, ci avrei messo solo un secondo balzare in fondo e sbarrare le porte, il primo sarebbe stato il professore, il secondo l’alunno in prima fila e a seguire gli altri, c’era il problema delle grida, qualcuno avrebbe potuto urlare dalle finestre e sarei stato scoperto.
I muscoli iniziavano a scalpitare, pronti all’azione, bum-bum-bum, la persona entrata in ritardo salì le scale: “fermati” salì un altro gradino, “fermati” salì ancora, ‘la mia prima vittima pensai,’ ad un tratto un dolore lancinante salì dalla mia coscia sinistra, mi voltai, Edward aveva conficcato la mano nella mia gamba.
“Calmati o saranno guai per tutti,” aveva ragione non potevo permettermelo, dopo tutto quello che Carlisle mi aveva insegnato, il tempo passato a controllare i miei istinti, dovevo distrarmi.
La persona che era entrata in ritardo era arrivata alla nostra fila, si sedette sul lato opposto, mi voltai verso Edward così non avrei sentito il suo odore forte, rimasi a fissare il vuoto due secondi poi qualcosa catturò la mia attenzione, era una fragranza dolce ma con qualche nota aggrumata, era un profumo artificiale probabilmente, cercai la fonte nel buio dell’aula, la trovai, proveniva dalla persona seduta sulla nostra fila, la fissai per un istante, era una ragazza, era carina, era assorta nei suoi pensieri, rimasi colpito da lei, aveva il potere di togliermi la concentrazione dal sangue e poi quel profumo così buono, istintivamente rilassai tutti i muscoli, senti anche la presa di Edward allentarsi, fissai la ragazza, anche Edward se ne accorse e mi sussurrò all’orecchio: “La vuoi smettere di fissarla o ti scambierà per un maniaco.”
“Cosa?” risposi con la mente ancora distante. “Smettila di fissarla o se ne accorgerà.”
Distolsi lo sguardo dalla ragazza e tornai alla lezione, ormai era finita, il professore scese dalla cattedra e accese le luci, l’aula sembrò risvegliarsi, era passata un’ora da quando eravamo entrati la dentro, guardai Edward e Bella, Bella si stiracchiò e si alzò, Edward la seguì ma più cauto, attento a quello che facevo io.
Mi alzai però decisi di uscire dal lato opposto, il corridoio sulla sinistra era affollato, qualche ragazza ci fissava e bisbigliava all’amica di fianco, volevo evitare tutto quello, mi spostai per raggiungere le scale quando urtai qualcosa, “Ehi! Fai attenzione” abbassai lo sguardo, la ragazza dal profumo ammaliante era ancora seduta, probabilmente era colpa della mia spinta che l’aveva fatta cadere. “Scusami, non ti avevo vista” mi sbrigai a dire, “Ti sei fatta male?” il suo sguardo era pieno di collera e paura, probabilmente le sembrava di aver sbattuto contro un muro di cemento, mi chinai verso di lei e le dissi gentilmente: “Scusami, non volevo è che ero distratto e non ti ho vista” cercai di allentare la sua paura col mio potere, la ragazza mi sorrise, il fascino di noi vampiri faceva sempre presa sugli umani.
“Permettimi di presentarmi, mi chiamo Jasper e tu?” Sentì la sorpresa di Edward e Bella alle mie spalle, forse non si aspettavano questa reazione, ma ormai avevo deciso Alice sarebbe uscita dalla mia vita e avrei costruito qualcosa di nuovo e poi quella ragazza mi incuriosiva, riusciva a tranquillizzarmi anche quando ero pronto all’attacco, volevo capire perché.
“Mi chiamo Mary” disse arrossendo, le porsi la mano, “Ti chiedo ancora scusa Mary, prego,” l’aiutai ad uscire dalla fila di banchi, aveva la mano sudata dalla tensione, allevia anche quella col mio potere, “Se non sono indiscreto posso chiederti se hai ancora lezioni?”
Questa volta Mary arrossì di più, probabilmente si sentiva avvampare, “Be, io dovrei…avrei la lezione di cultura germanica,” le sorrisi, “Davvero, anche noi” dissi indicando Edward e Bella sempre più stupiti dal mio comportamento, probabilmente folle, pregai che Edward leggesse nella mia mente il perché del mio atteggiamento e sembrò anche capirlo dato che mi fece un mezzo sorriso, tornai a Mary, “Se non ti da fastidio, ti va di fare la strada assieme?” e per la terza volta la feci arrossire ma accettò la mia proposta.
Edward e Bella ci seguirono a distanza, eravamo controllati a vista e questo mi dava la sicurezza che se avessi fatto un gesto sconsiderato sarei stato bloccato in anticipo.
Per raggiungere la seconda aula dovevamo attraversare il cortile esterno così ebbi l’occasione di parlare con Mary, “Da dove vieni?” chiesi cortesemente, “Santa Monica, abito vicino alla spiaggia” disse dolcemente, “Se non sono indiscreta posso chiederti da dove venite, siete così chiari di carnagione, qui a Los Angeles è raro da vedere” sorrisi e cordialmente risposi: “Infatti veniamo da Forks, Washington, li è raro avere il sole.” Mary sorrise il suo nervosismo si attenuava ad ogni passo, iniziava a fidarsi di me.
Raggiungemmo l’aula per la seconda e ultima lezione, si sedette con noi, era così carina e fragile, aveva dei capelli lunghi e ricci che le cadevano morbidi sulle spalle, aveva degli occhi color nocciola vivaci ed espressivi, avrei potuto leggervi la sua anima ed era fasciata in un abito leggero a fiori, adatto alla temperatura della città.
L’ora di cultura germanica volò via, capi si e no di cosa trattava il corso, ero totalmente assorto nel profumo di quella ragazza ma preferivo non chiederle ancora niente, avrei potuto spaventarla in un attimo.
Fuori dall’aula ci salutammo, mi promise di tornare anche la sera successiva per le prossime lezioni, non sarei mancato a quell’appuntamento, dovevo chiederle molte cose.
A casa Edward scoppiò a ridere due secondi dopo che avevo appoggiato il blocco degli appunti sul tavolo del salone “Ah! Jasper questa poi da te non me la sarei proprio aspettata!” io mi voltai, Carlisle ed Emmett si incuriosirono, “Cos’è successo?” chiese Carlisle divertito dalle parole di Edward, “Be a lezione si è seduta accanto a noi una ragazza e a fine lezione Jasper ci ha provato:” Tutti scoppiarono a ridere, io non capivo che c’era di tanto strano “Ehi! Aveva un buon profumo che mi attirava” mi giustificai.
“Solo il profumo?” replicò Emmett.
“Certo il suo profumo, mi piaceva, mi ipnotizzava:”
“Ne sono certo, quand’è che ci farai conoscere questa misteriosa donzella dal profumo ipnotico?” mi rispose.
“E dai Emmett, è una bella cosa se tuo fratello ha deciso di lasciarsi alle spalle il passato e iniziare ad uscire, purché non combini danni” lo riprese Carlisle.
“Smettetela per favore, quella ragazza è indifesa e io sono un mostro non oserei mai farle del male dopo tutto quello che ho sofferto per liberarmi dalla sete del suo sangue, anche se devo ammettere ha un aroma fantastico” tutti scoppiarono a ridere, quella sera in casa nostra regnava l’allegria e io ne ero felice, la mia voglia di chiudere col passato e il mio agire impulsivo di una sera aveva fatto il suo effetto.
E mi piaceva!

Cap. 6 CONVERSAZIONI

Il giorno dopo ero ancora fissato con quel profumo, così dolce, così ammaliante, mi aveva catturato e in un attimo mi aveva tolto alla mia follia omicida che stava per scoppiare, come potevo dimenticare, era la prima volta che succedeva in mezzo agli umani.
Ora il passatempo di Emmett era quello di prendermi in giro per il comportamento che avevo avuto, Edward invece pensava fossi paranoico mentre Bella ed Esme sostenevano che mi ero innamorato, secondo loro avevo subito anch’io l’imprinting.
Erano tutte cavolate come avrei potuto innamorarmi, al massimo potevo concedere la ragione ad Edward, però quel profumo non mi usciva dalla testa, era sempre li che mi tormentava dolcemente, devo ammettere che però anche Mary non era male, anzi aveva delle gran belle curve.
‘O mio dio, mi hanno contagiato, non è possibile, no, no, no, devo assolutamente togliermi dalla testa quella Mary e il suo dolcissimo profumo.’
“Non ci riuscirai” disse Edward dal lato opposto della piscina, Renesmee che stava giocando con una bambola accanto a lui si bloccò e lo guardò, non aveva capito con chi ce l’aveva, poi tornò al suo gioco.
“Edward, quand’è che ti toglierai quel maledetto vizio di leggere i miei pensieri?” dissi seccato.
“Quando tornerai in te e lascerai perdere quelle stupide idee che avevi fino a ieri” mi rispose freddo ma preoccupato.
“Quelli non sono affari tuoi.” Ribattei seccato.
“Lo saranno fino a che li urlerai così forte”
“Cosa?”
“Ci pensi così intensamente che per me è come se li urlassi, pensi che mi faccia piacere sentire costantemente la tua disperazione?”
Avevo cercato di nascondergli la mia frustrazione sotto palate di cose insignificanti ed invece lui sentiva tutto, io ci pensavo così assiduamente che per lui era come se li stessi urlando e ora scoprivo che lui sapeva tutto.
Comunque ormai quello era il passato, non avrei più dovuto pensarci, ora dovevo pensare al futuro, ne avevo fin troppo di soffrire, faceva troppo male, era più semplice lasciare andare il passato e iniziare qualcosa di nuovo.
Edward prese in braccio Renesmee e le sussurrò: “Vedi! lo zio Jasper è innamorato e adesso tartasserà il tuo papà con i suoi pensieri smielati su una bella ragazza come te.”
La bambina sorrise e ripeté: “Lo zio Jasper innamorato” con quella sua vocina squillante come mille campanellini, oltrepassai la piscina con un salto, mi avvicinai alla piccola e le sussurrai: “Eh! Si, lo zio Jasper è proprio innamorato però il tuo papà non sa farsi gli affari suoi,” le schiacciai un bacino sulla guanccetta rosea, lei rise divertita mentre Edward mi seguì con sguardo sorpreso mentre rientravo in casa.
Dentro trovai Esme seduta al tavolo del salone intenta ad un progetto del suo nuovo studio di architettura, Bella mi sfrecciò accanto ed uscì in giardino con Edward e Renesmee, io andai al piano superiore, Emmett e Rosalie si erano chiusi nella loro camera e non oso neanche pensare cosa stessero facendo, mi rintanai nella mia camera, accesi lo stereo e ringraziai Esme delle pareti insonorizzate, tirai fuori dalla borsa il mio quaderno degli appunti e lo sfogliai, l’ultima pagina fu una sorpresa, non ricordavo di aver fatto qual disegno, era un ritratto di Mary a penna.
Strappai il foglio e lo gettai, non era possibile, l’avevo conosciuta da meno di un giorno e ne ero già ossessionato.
Alle cinque in punto Bella venne a chiamarmi per andare a lezione, presi le mie cose e scesi, lei ed Edward erano già pronti, uscimmo e in pochi minuti raggiungemmo il campus.
Questa sera Edward avrebbe iniziato per l’ennesima volta la scuola di medicina, qualche anno fa c’era stato Carlisle, ora era il suo turno.
Io e Bella invece saremo tornati alla storia dei germani, letteratura e probabilmente avremmo provato qualcosa di psicologia, in fondo avevamo ancora un anno per decidere quale strada intraprendere e decine di corsi da provare, e poi speravo sempre di rivedere la mia dolce ossessione, Mary.
Da quando avevamo messo piede nel campus quella sera non avevo smesso un solo istante di cercare il suo profumo, ce n’erano a centinaia ma nessuno come quello di Mary, poi quando io e Bella imboccammo il viale che porta alla facoltà di umanistica ritrovai quella fragranza dolce e un po’ aggrumata che mi ammagliava ogni volta, la segui fino alla sua fonte; Mary era seduta sui gradini della facoltà, stava leggendo un libro, ne era totalmente rapita, ci avvicinammo un po’ di più, lei alzò gli occhi da quelle pagine assorta nei suoi pensieri, era così vulnerabile così fragile, all’improvviso senti una strana voglia di proteggerla da tutti i pericoli della terra, compreso il sottoscritto.
Mary ci vide arrivare e ci salutò, chiuse il libro e si alzò da quelle fredde scale di marmo, “Ciao! È da tanto che sei qui?” chiesi, “No, più o meno da un quarto d’ora,” mi sorrise, era così carina, Bella apparve alle mie spalle, “Cosa stavi leggendo di bello?” chiese eccitata, quando faceva quella vocina voleva dire che tramava qualcosa, Mary sorrise anche a lei e rispose: “O niente di che, è Il mercante di Venezia.”
“Davvero,” esclamò Bella, se non sbaglio era il suo libro preferito ed Alice gliel’aveva bruciato quando eravamo scappati prima che arrivassero i Vulturi per Renesmee, qualche giorno fa però glielo avevo visto leggere, “Sai anche a Jasper piace Shakespeare” continuò Bella con la solita vocina machiavellica poi scomparve nella facoltà lasciando me e Mary sui gradini della facoltà.
“Davvero?” mi chiese Mary, “Cosa?” risposi ancora sorpreso dal comportamento di Bella di qualche secondo fa.
“Ti piace Shakespeare?” mi chiese dolcemente.
“Certo!” risposi tentando di nascondere tutta la falsità di quella esclamazione.
Mi sorrise di nuovo, era così bella, alleviai la tensione che si era creata tra di noi, “Ti va di prendere un caffè prima che inizi la lezione?” chiesi senza pensarci due volte, stavo diventando anche irresponsabile adesso, stavo per andare a prendere un caffè con un’umana.
“Volentieri, speravo me lo chiedessi.”
“Davvero? Perché?” domandai stupito.
“Così, per passare un po’ di tempo con te, sai devo farti una confidenza.” Mi disse ingenuamente, “non conosco nessuno qui, sei l’unico con cui possa parlare.”
Fui sorpreso da quella affermazione, “Perché?” chiesi.
“Perché sei l’unico con cui possa parlare?” mi chiese, feci un cenno col capo e lei continuò: “Be mi sono trasferita qui a Los Angeles da poco e non ho amici, di giorno lavoro e alla sera vengo qui” mi confidò candidamente.
Nel frattempo raggiungemmo la caffetteria, presi due caffè, pagai e ci accomodammo ai tavoli fuori, si stava bene in quel periodo, l’aria era calda ma non troppo e il sole era già sotto l’orizzonte rimaneva solo quel chiarore pallido dell’imbrunire.
“Da dove arrivi?” chiesi incuriosito.
“Be i miei genitori abitano a Austin in Texas, ci sei mai stato?” mi chiese, ma io ero distratto, quando aveva pronunciato la parola Texas mi era tornata in mente la mia vita da neonato, Maria la mia creatrice, quel periodo di crudeltà, le battaglie e ora si presenta questa Mary altrettanto bella ma questa volta viva, “Ehi Jasper! Ci sei?” mi chiese nuovamente, “Oh scusami mi ero perso a pensare ad una cosa, mi stavi chiedendo?”
“Se eri mai stato in Texas” mi ripeté.
“Si, ci sono stato, molto tempo fa ormai” forse pronunciai quelle parole con troppa malinconia che Mary cambiò subito discorso, “Tu da dove vieni?” provò a chiedere cautamente.
“Forks, Washington, dove piove sempre” risposi sorridendo.
Gli occhi di Mary e la tensione che cresceva mi fecero pensare subito che il mio comportamento di qualche istante prima l’aveva turbata, cercai di alleviarle il nervosismo e quando iniziò a rilassarsi ripresi il mio discorso, “Però adesso abito con la mia famiglia a Bel Air.”
Mary sorrise, era più rilassata, le era tornato il buon umore, “Wow” esclamò, “vorrei vivere anch’io li, ci sono delle ville stupende.”
Le sorrisi, “Be un giorno allora ti farò vedere casa mia, poi mi dirai cosa ne pensi.”
Sorrise, “Mi permetti di essere impicciona?” mi chiese candidamente.
“Certo, dimmi!” risposi altrettanto ingenuamente.
“E’ la tua ragazza quella con cui vieni a lezione?” chiese arrossendo e abbassando lo sguardo.
Scoppiai a ridere, “No assolutamente, quella è Bella, la moglie di mio fratello, quello alto che era con noi ieri, solo che lui adesso frequenta la scuola di medicina.”
“Ah!” rispose lei sempre più imbarazzata.
Il sole era sceso già da un bel po’, Bella sbucò da dietro l’angolo, stava ridendo sotto i baffi, ci raggiunse, “Eccovi qua finalmente, vi siete persi una noiosissima lezione sugli autori di fine ottocento, penso che non lo seguirò più questo corso se non cambia un po’ comunque ecco i tuoi appunti” disse Bella tra il divertita e il sarcastica.
Mary sbarrò gli occhi, “Ma che ore sono?” chiese agitandosi sulla sedia.
“Le sei e un quarto” rispose Bella sorridendo, Mary si agitò nuovamente, Bella la tranquillizzò, “Non preoccuparti, tieni li regalo a te gli appunti, Jasper se li copierà dal mio quaderno.”
“Grazie, ma come hai fatto a prendere gli appunti doppi?” chiese sorpresa.
Bella sorrise e tirò un foglietto in mezzo alle pagine del quaderno, “Carta carbone, ne ho sempre un foglio dietro per ogni evenienza, come oggi.”
Sorrisi a Mary, Bella stava per andarsene poi tornò in dietro, “Jasper, scusa, vieni a psicologia generale o devo prendere gli appunti anche per te?”
Mary si alzò di scatto, “Io devo andare, non voglio farti perdere altre lezioni” disse velocemente.
“Aspetta” la pregai, “quando potrò rivederti ancora?” chiesi ansioso.
Mary sorrise, “Domani, ti aspetterò sui gradini dove oggi” mi rispose allegramente.
“Domani” ripetei in un sussurro mentre lei correva via lasciando quel suo profumo così ammagliante.
Bella alle mie spalle stava ridendo, quando mi voltai disse: “E poi te non sei quello innamorato, si vede distante un miglio che ti piace.”
Già ormai non ci potevo più fare niente, stare con lei mi faceva stare bene, provavo delle sensazioni nuove ogni volta che si avvicinava, stava diventando la mia droga.

Cap. 7 HALLOWEEN

Da quando avevo incontrato Mary i giorni avevano preso a scorrere lenti mentre le serate volavano, era sempre nei miei pensieri, il suo profumo, i suoi sorrisi, la sua voce.
Ormai tutto mi parlava di lei, il suo sangue era una melodia stupenda, ora capivo cos’aveva provato Edward quando aveva trovato Bella, era impossibile resistere ad una tentazione del genere.
Era passato un altro mese, mancava un giorno a novembre, per la sera di Halloween c’erano feste ovunque sia nelle confraternite che fuori dall’università, io e Mary avevamo deciso di evitare tutti i tipi di mondanità per passare un po’ di tempo assieme da soli, lontano da tutto e tutti.
A dir la verità era stata Mary a propormelo, a causa del suo lavoro e dei corsi stavamo assieme per pochi minuti tra una lezione e l’altra così quando mi propose di uscire dal mondo per una sera accettai nonostante la paura di starle così vicino, avrei potuto farle del male però d’altro canto non vedevo l’ora di starle accanto, sfiorarla, parlare con lei.
Halloween era di sabato, alle sei in punto arrivai sotto casa di Mary, dovevo andarla a prendere poi mi avrebbe indicato lei la strada, voleva che tutto fosse una sorpresa.
Abitava a Santa Monica in un appartamentino al terzo piano di una palazzina da poco ristrutturata, quando giunsi sotto casa sua lei stava scendendo le scale, in una mano portava un enorme cesto da picnic e nell’altra una borsa con dei teli.
L’aiutai a caricare il cesto in macchina, “Caspita ma cosa c’hai messo dentro?” esclamai cercando di essere sorpreso dal peso del cesto, “Niente” mi rispose candida come sempre “solo l’occorrente per un picnic.”
L’aiutai a salire in macchina, per l’occasione avevo chiesto in prestito la BMW a Rosalie, la vicinanza e il suo profumo mi stuzzicarono l’olfatto, ‘mmm’ pensai ‘devo assolutamente trattenermi o finirà male,’ era da un po’ che non andavamo più a caccia e l’odore del sangue iniziava a stuzzicarmi la sete.
Sali in macchina e avviai il motore, “Mia dama, sarò il suo cocchiere per la serata, dove desidera andare?” chiesi con charme e galanteria, “Wow un cocchiere tutto mio” esclamò divertita della mia trovata, “andiamo al parcheggio vicino alla spiaggia a nord di Malibù” disse sorridendo, negl’occhi vedevo gioia e divertimento ma percepivo anche desiderio in lei, lo stesso che provavo io.
In venti minuti raggiunsi il parcheggio, era pieno di macchine, sulla spiaggia c’erano un sacco di ragazzi che giocavano, correvano o sedevano attorno ad un falò, aiutai Mary a scendere, prese la borsa con i teli e tentò ti sollevare il cesto, lo presi io per lei, mi ringraziò e si voltò verso la spiaggia, “Fortunatamente non ci fermiamo qui, dovremmo camminare un po’, ti va?” chiese timidamente, “Certo, ti seguo ovunque tu vada.”
Sorrise, poi mi indicò il percorso, “dobbiamo attraversare il frangiflutti, c’è una spiaggia di la però non ci va mai nessuno di sera perché non ha parcheggi vicini, solo le coppiette di innamorati e i poliziotti vanno fin laggiù.”
Ci avviammo lungo la spiaggia, attraversammo il frangiflutti, oltre c’era una striscia di sabbia così stretta che con l’alta marea sarebbe stata sommersa, Mary però non si fermò li, continuò, scavalcò qualche roccia ed infine mi mostrò quale meraviglia si nascondeva dietro le montagne, c’era un’insenatura bellissima, protetta dalle montagne, era un luogo intimo, “Non hai paura di venire qui?” chiesi in un momento di curiosità, “No, ci sei tu, il mio cavaliere” sussurrò con voce dolcissima, “E se io non fossi un cavaliere ma un brigante?” scherzai, “Non fa problema, mi fido di te.”
Rimasi in silenzio, come avrei potuto fare del male ad una creatura tanto bella? Mary appoggiò sulla sabbia la borsa con i teli e li distese, io posai il cesto e lei fece gli onori della serata.
Mi sedetti accanto a lei, armeggiava col cesto, mi voltava le spalle, poi si voltò e mi disse: “Chiudi gli occhi ho una sorpresa per te.”
“Una sorpresa?” chiesi meravigliato, “si dai fidati, mi sono informata ti piacerà vedrai.”
Chiusi gli occhi, Mary armeggiò ancora col cesto e poi si avvicinò, mi prese le mani e le strinse attorno ad un bicchiere, con una mano mi coprì gli occhi, “così sono sicura che non sbircerai” mi disse, “ora assaggia.”
Alzai il bicchiere, lo annusai, c’era un tappo sopra, non riuscivo a riconosce l’odore, ne assaggiai giusto un po’, Mary tolse la mano dagl’occhi, guardai il bicchiere, era un bicchiere da mezzo litro come quelli dei cinema, le mie papille gustative sapevano cosa conteneva e ora la mia gola bruciava di sete, era un bicchiere di sangue, era caldo, era fresco, lo buttai giù tutto d’un colpo, Mary me ne passò un altro e nel frattempo spostò il cesto davanti a me, il cesto pesava per lei perché conteneva due bottiglie di sangue e altri tre bicchieri chiusi, da un lato un panino e una lattina di coca cola, “Questi sono miei, per il resto serviti pure.”
Dopo il secondo bicchiere iniziai a bere più tranquillamente, lei era li di fronte a me che masticava il suo panino tranquillamente, mi fissava e sorrideva, “Che c’è? Mi sono sporcato?” chiesi dubbioso, “No è che sono felice che ti piaccia lo spuntino che ho preparato per te.”
“Come hai fatto? Come lo sapevi?” chiesi sbalordito.
“Lo sapevo e basta,” mi rispose placidamente, “E’ impossibile e io sono sicuro di non averti mai detto niente.”
“Infatti, ho soltanto collegato tante piccole stranezze che ho notato in te con le leggende che mi raccontava mia nonna.”
“Leggende di tua nonna?” chiesi sempre più confuso, “Si mia nonna mi raccontava sempre di persone strane che non mangiavano ma bevevano solo sangue, persone fatte di freddo marmo, lei sosteneva che fossero dei demoni mandati per uccidere i peccatori, poi quando ho incontrato te ho capito che eri uno di quei demoni di cui mi raccontava mia nonna, però allo stesso tempo vedevo che tu non eri cattivo anzi, con me sei sempre così dolce e premuroso.”
Ero sbalordito da quella confessione, “E il sangue dove l’hai trovato?” Mary sorrise, “Be quella è la parte più imbarazzante, sono andata in un macello in periferia per prendere il sangue, non puoi immaginare come sia difficile inventare una scusa credibile per acquistare un po’ di sangue che di norma buttano.”
Risi di cuore a quella frase, Mary sembrava un po’ imbarazzata ma si lasciò contagiare dalla mia risata, poi tornò seria, mi fissò dritta negl’occhi il desidero che sentivo prima in lei era tornato, “Hai mai pensato di assaggiare anche il mio sangue?” chiese con un velo di timidezza.
“Non oserei mai, potrei farti del male,” dissi seriamente “non è un gioco Mary, sono velenoso.”
Sorrise, era così bella quando rideva, “Il tuo sangue per me è come una droga, una volta che lo avrei assaggiato non so se riuscirei a smettere,” dissi seriamente, si avvicinò terribilmente, il suo profumo, i suoi capelli tutto mi sussurrava ‘mordimi’, “Facciamo un esperimento” disse seriamente, “sono sicura che dopo quattro litri di sangue tu abbia il perfetto controllo delle tue facoltà, assaggiami” e mi porse un dito, ‘no non richiedermelo o lo farò’ pensai, “Jazz, mi fido di te.”
Le presi la mano e me la portai alla bocca, calcolavo e ascoltavo qualsiasi sussurro del mio corpo, al minimo avviso l’avrei allontanata, ero pronto, chiusi gli occhi e morsi delicatamente il suo dito, Mary non fiatò, sentivo il suo cuore galoppare velocemente, percepii il suo sangue colare lento,caldo, dolce, sulla mia lingua, lo succhiai, era l’estasi per me, lo assaporai, senti il cuore di Mary perdere un battito, allontanai la sua mano alla velocità della luce, apri gli occhi impaurito di averle fatto del male, ma lei era li in attesa con gli occhi che le brillavano.
Non sapevo che dire, me lo chiese lei: “Allora com’è il mio sangue?”
“La cosa più dolce che io abbia mai assaggiato,” dissi ancora rapito da quell’esplosione di gusto che avevo in bocca, Mary sorrise felice, il suo cuore martellava ancora nel suo petto, non le avevo fatto del male, il suo dito aveva solo un minuscolo forellino in mezzo al polpastrello, ormai non sanguinava neanche più.
“Che ne dici di un bel bagno” suggerì col suo buon umore inaffondabile, “Non ho il costume” risposi sovrappensiero, “Nessun problema, Edward e Bella mi hanno fornito anche quello” mi rispose e dalla borsa dove prima c’erano i teli, tirò fuori il mio costume da bagno.
“Lo so sono machiavellica, però volevo che fosse una sorpresa fino in fondo così ho chiesto aiuto a Bella ed Edward.”
Ero pazzo di quella ragazza, sapeva come farmi fare le cose più assurde come morderla, aveva organizzato tutto senza che me ne accorgessi e aveva pure complottato, ‘dio sono pazzo di te’ pensai, Mary si tolse il vestito, sotto indossava già il costume, si allontanò per permettermi di cambiarmi.
La raggiunsi in mare qualche secondo dopo, l’acqua dell’oceano contro la mia pelle fredda sembrava quasi calda, Mary si muoveva nell’acqua come una sirena, la mia sirena, l’attirai a me, dolcemente, lei si aggrappò al mio collo, sembrava non avere freddo, le sfiorai il collo con le dita, le provocò un fremito, avvicinai le labbra alla sua pelle morbida e la baciai, il suo cuore riprese a galoppare, bacio dopo bacio raggiunsi le sue morbide e calde labbra, quello fu il momento più magico in assoluto della mia esistenza.

Cap. 8 INCONTRI

La notte di Halloween era stata più che meravigliosa, quell’immagine di Mary abbracciata a me, le sue labbra sulle mie, quelle sensazioni che mi faceva provare, non mi avevano più abbandonato da quella sera, era palese a tutti ormai che anch’io ero innamorato, ormai lo potevo ammettere perché anche i sassi se ne sarebbero accorti del mio graduale passaggio da disperato cronico ad innamorato perso.
Un giorno me ne stavo tranquillo sul divano a guardare la partita di baseball alla tv, Emmett mi raggiunse poco dopo, si sedette accanto a me, per qualche secondo guardò la partita poi si rivolse a me, “Allora fratellino, quand’è che ci presenterai la tua innamorata?” mi chiese divertito.
Lo guardai, Esme e Carlisle, che erano seduti al tavolo intervennero, “E’ una bellissima idea, perché non la porti qui a casa?”
Ero stato colto di sorpresa, l’idea non mi piaceva tanto, anzi non mi piaceva affatto, ricordavo come se fosse ieri la prima volta che Edward ci presentò Bella, eravamo tutti agitati, io compreso, il suo profumo era una tentazione troppo forte, ora le cose erano diverse però sarebbe stato lo stesso imbarazzante, ne ero certo.
Rose dal canto suo non parlava, continuava a sfogliare la rivista di moda che aveva in mano, tutti sapevamo che lei odiava le presentazioni specie se l’ospite era umano, con Bella aveva fatto una scenata che aveva mortificato tutti più o meno, per non parlare poi di quella sera in cui abbiamo festeggiato il suo compleanno.
“Dai Jazz, falla conoscere a tutti, Mary è così dolce, piacerà a tutti vedrai” mi pregò Bella dalle scale, stava scendendo con Renesmee in braccio, dietro di loro anche Edward, non sapevo più a chi appellarmi, poi Rosalie decise di dire la sua, “E poi che facciamo se succede qualcosa!? L’ultima volta Jasper stava per dissanguare Bella se Edward non l’avesse fermato, a questo non ci pensate?”
Nessuno fiatò, Carlisle fu l’unico a risponderle: “Non le succederà nulla, andremo a caccia prima del suo arrivo così la sete sarà sopportabile e per quanto riguarda gli incidenti cercheremo di evitarli.”
Bella continuò il discorso di Carlisle “E poi Mary non è goffa come lo ero io, sono sicura che starà molto attenta a quello che farà,” “Lo fa anche quando ci siamo noi all’università” intervenne Edward, “Sembra che conosca la nostra natura e i nostri punti deboli, e non rischia mai.”
Edward e Bella avevano ragione, avevo notato anch’io che non si lasciava mai andare troppo alle emozioni, calibrava tutti i movimenti, quando si avvicinava lo faceva tranquillamente, non mi saltava mai addosso e quando mi abbracciava controllava sempre le mie reazioni, forse in nostra compagnia non avrebbe poi corso tutti quei rischi.
“Sentito Jazz, tutti vogliamo conoscerla” disse Emmett, ormai ero circondato da complottasti, guardai Rose, era tornata alla sua rivista, se ne fregava della conversazione, sapeva che nessuno l’avrebbe ascoltata, non sapevo che fare, l’unica cosa che potei fare fu accettare.
L’indomani dissi a Mary che le avrei presentato la mia famiglia e che erano ansiosi di conoscerla, lei ne era entusiasta, aveva già conosciuto Bella ed Edward con cui aveva anche già legato, ora doveva affrontare l’ultima parte della famiglia.
L’occasione per l’incontro sarebbe stata una festa in giardino, Esme aveva pensato che una bella partita a tennis sarebbe stata un’ottima idea e poi era l’occasione ideale per inaugurare la cucina nuova e mai usata.
Il giorno dell’incontro trovai Bella ed Esme in cucina a decidere cosa preparare da mangiare, Rose era con loro solo per dare una mano, Carlisle era ai fornelli che spadellava qualcosa, raggiunsi Edward in giardino, dovevo aiutarlo con la rete del campo da tennis, Emmett era nella casetta del giardino alla ricerca delle racchette e delle palline, quella dependance adibita a deposito giochi ormai era colma, c’erano i giochi gonfiabili di Renesme, le reti per il campo da tennis e da pallavolo, le racchette e le palline imbucate chissà dove, i palloni di cuoio che usavamo perché più resistenti, dei vecchi attrezzi di Carlisle che potevano finire volentieri in un museo dedicato alla storia della medicina e una piccola stanzetta chiusa a chiave per chissà quale motivo.
Alle sei lascia casa in preda ai preparativi, Esme aveva deciso che i manicaretti li avrebbe serviti vicino alla piscina dove c’era anche un bel tavolo da giardino, Bella stava cambiando di posto alcuni vasi di fiori per evitare che venissero colpiti dalle palline e si rompessero, Rose si stava preparando, come sempre aveva la mise per ogni occasione, Emmett ed Edward si stavano già sfidando in una partita all’ultimo rimbalzo mentre Carlisle gli faceva da arbitro.
Impiegai quasi mezz’ora ad arrivare a casa di Mary, il traffico aveva paralizzato la strada, quando arrivai la trovai ancora mezza spettinata, “Ciao! Scusami sono in ritardissimo lo so però mia madre ha chiamato e non mi lasciava più, dai vieni entra, faccio in un attimo.”
Mi accomodai per la prima volta nel suo appartamento, era piccolino ma ben arredato, aveva gusto la ragazza! Nel salottino aveva trovato spazio anche per una libreria carica di libri, sbirciai qualche titolo, impressionante, c’erano libri di ogni genere e spessore, Mary uscì dalla camera con uno zainetto in mano, “Sono pronta,” ora aveva i capelli raccolti e si era cambiata, indossava dei pantaloncini corti e un top, la fissai incantato per qualche secondo, “Che c’è?” mi chiese preoccupata, “Niente, sei bellissima anche in tenuta sportiva,” risposi senza pensare, sorrise e ci avviamo verso la macchina.
Impiegammo un’altra mezz’ora per tornare a casa, l’ingorgo non era sparito dalla strada come speravo, Mary era incantata a guardare fuori dal finestrino, il suo cuore batteva regolarmente, quando oltrepassammo il cancello di casa però iniziò ad agitarsi, il cuore aumentò il ritmo, “Tranquilla, vedrai la mia famiglia ti piacerà” dissi tentando di tranquillizzarla, usai anche un po’ del mio potere per farla sentire un po’ più a suo agio.
Tutti erano fuori in giardino, tutte le luci in casa erano spente, “vieni, sono tutti in giardino che ci aspettano,” Mary mi prese la mano, gliela strinsi, era nervosa, svoltammo l’angolo della casa, tutti erano intenti a seguire la partita, Bella contro Rose, quando ci avvicinammo tutti si fermarono, Esme fu la prima a venirci in contro e a presentarsi, poi fu il turno del resto della famiglia, il cuore di Mary batteva velocissimo, però si sforzò di mostrarsi tranquilla.
Tornammo al campo, si giocava un doppio, Bella ed Edward contro Rosalie e Emmett, Carlisle arbitro mentre io, Mary, Esme e Renesmee rimanemmo a bordo campo a guardare la partita, finito il match toccava a noi batterci contro la squadra vincitrice, Emmett e Rosalie, Mary non volle giocare, ai suoi occhi eravamo velocissimi, così rimase a bordo campo a fare l’arbitro con Bella mentre io giocai in coppia con Carlisle.
Fu una serata tranquilla, finite le partite Esme ci invitò tutti a sedere a bordo piscina dove aveva preparato gli stuzzichini per Mary, in realtà vennero mangiati solo due manicaretti perché Mary aveva già cenato, chiacchierammo tranquillamente, giocammo a qualche gioco da tavolo con Renesmee fino a notte inoltrata quando riaccompagnai Mary a casa.
“Grazie” mi disse prima di salutarmi, “è stata una serata bellissima,” sorrise le sorrisi a mia volta, la mia famiglia non aveva messo in imbarazzo nessuno, nessuno aveva rischiato di morire, era andato tutto bene.
Le diedi un bacio, e poi ci salutammo, Mary era stanca, era rimasta con noi fino alle tre di notte senza mai crollare.
Una volta tornato a casa trovai ancora tutti in giardino a giocare a tennis, Esme mi si avvicinò e mi sussurrò: “Credo che la tua Mary abbia conquistato tutti, Rose le ha fatto anche i complimenti per l’abbigliamento,” mi sorrise materna e tornò da Carlisle, io rimasi in disparte per qualche secondo e poi tornai a giocare con gli altri.



Edited by kiarame_86 - 27/9/2009, 19:13
 
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ste_loves_jasper
CAT_IMG Posted on 1/9/2009, 09:46




Bellissima! scrivi davvero bene e poi del mio argomento preferito!
 
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fatamorgana76
CAT_IMG Posted on 1/9/2009, 11:32




Brava! Davvero molto bella e ben scritta! Complimenti
 
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kiarame_86
CAT_IMG Posted on 4/9/2009, 13:27




Ho una mezza idea di dare una cuginetta a Renesme però non ne sono sicura.

Vorrei un vostro parere, gliela diamo una cuginetta a Renesmee si o no?
 
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Pattyop
CAT_IMG Posted on 4/9/2009, 14:07




Allarghiamo la famiglia Cullen?!
 
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kiarame_86
CAT_IMG Posted on 4/9/2009, 14:21




si ci avevo pensato, mi era venuta come idea così Renesmee ha qualcuno della sua età circa con cui giocare

che ne dici?
 
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ste_loves_jasper
CAT_IMG Posted on 7/9/2009, 13:08




c'è cempre il problema dei vampiri neonati però.. dovresti dargliela gia grandina se no tornano i volturi!
 
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kiarame_86
CAT_IMG Posted on 7/9/2009, 13:33




Avevo pensato al problema dei vulturi e avrei anche pensato di deviare il problema inserendoli per una visita a renesmee, così con la visita alla piccola ci sarebbe anche l'occasione di convincerli per un secondo piccolo Cullen.

Che ne dite?
 
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fatamorgana76
CAT_IMG Posted on 8/9/2009, 13:33




Kiarame sei eccezionale, leggo con piacere i tuoi scritti, l'idea di una compagnia per la piccola Renesmee non è male, sebbene non credo che i Voluturi vedrebbero di buon occhio l'arrivo di un nuovo Cullen, il clan si rafforzerebbe ulteriormente. Magari Renesmee potrebbe trovare compagnia in un baby lupacchiotto magari il figlio o la figlia si Sam e Emily. ^_^
 
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kiarame_86
CAT_IMG Posted on 8/9/2009, 17:41




aaaaa mamma mia quante idee mi vengono leggendo i consigli e le opinioni che mi date, quasi quasi non ci stò più dietro alla mia fantasia, mannaccia.
Fatamorgana hai ragione, ai vulturi non andrebbe poi così bene un'altra Cullen, e se allargo anche la famiglia dei vulturi che ne dici come idea? Potrei magari dare una compagna a Caius che è il più cinico magari si addolcisce un po'.
Mi piace anche l'idea di una lupachiotta devo vedere come inserirla però perchè i Cullen li ho mandati in trasferta al momento.
 
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fatamorgana76
CAT_IMG Posted on 9/9/2009, 16:54




Bene una compagna per Caius, ma sarà difficile visto che la sua compagna è morta, devi trovare una che gli faccia proprio girare la testa io credo che il suo cinismo nasca proprio dalla perdita della compagna, che a quanto ho letto era la sorella di Aro, correggetemi se sbaglio, perchè questa cosa l'ho letta di sfuggita, in un'intervista alla Meyer.
Però si, la compagna ad Aro è una buona idea!
Che bello poterti leggere Kiara è da tanto che non vedo scrivere così bene e dire che ero convinta che la fantasia fosse quasi "defunta" continua a dar sfogo alla tua fantasia!
 
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kiarame_86
CAT_IMG Posted on 9/9/2009, 18:34




Davvero la compagna di Caius era la sorella di Aro? o mamma devo assolutamente trovare una storia abbastanza completa dei vulturi senò rischio di fare proprio qualche bella gafffffff.
Qualcuno mi può aiutare?
Poi con le info vedrò a chi dare la felicità di una compagna e dell'amore.
Grazie dei complimenti fatamorgana, non sai quanto piacere mi fanno, sai non pensavo sarebbe piaciuta la mia storia anzi pensavo di ricevere critiche.
Ancora grazie, grazie, grazie image
 
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fatamorgana76
CAT_IMG Posted on 9/9/2009, 19:50




Kiarame ecco la storia di Aro e Marcus, spero ti possa essere utile. :)

"Una volta, un vampiro ragionevolmente giovane (era un vampiro solo da una decade e mezzo) chiamato Aro cambiò sua sorella minore Didyme, che aveva appena raggiunto l'età adulta, in vampiro per aggiungerla al suo crescente clan. Aro desiderava da sempre il potere e dato che egli stesso aveva avuto un regalo potente come la capacità di leggere nella mente, sperava che la sorella biologica fosse dotata di un senso che lo avrebbe aiutato a sollevarsi nel mondo dei vampiri. È risultato che Didyme fosse dotata di un dono; creava attorno lei un aura di felicità che contagiava chiunque le si avvicinasse. Benchè non fosse esattamente quello in cui aveva sperato, Aro incominciò a pensare ai modi migliori per sfruttare questa abilità. Nel frattempo, il più fidato compagno di Aro, Marcus, si innamorò Didyme. Ciò non era insolito; dato il modo in cui faceva sentire la gente, molti di loro si innamoravano di Didyme. La differenza era che questo volta, Didyme ricambiava il sentimento. I due erano immensamente felici. Così felici, in effetti, da non preoccuparsi più dei progetti di dominazione di Aro. Dopo alcuni secoli, Didyme e Marcus discussero sulla possibilità di staccarsi dal gruppo. Naturalmente, Aro era bene informato delle loro intenzioni. Non era felice di questo, ma finì per dare la sua benedizione. Aspettò un'occasione per agire e quando fu sicuro che non sarebbe mai stato scoperto, assassinò la sorella. Dopo tutto, il dono di Marcus era molto più utile di quanto non fosse quello di lei. Con questo non si deve pensare che Aro non amasse la sorella; è solo che una parte determinate della sua personalità è l’abilità di distruggere tutto ciò che ama pur di assecondare le sue ambizioni. Marcus non ha mai scoperto che Aro è responsabile della morte di Didyme. È diventato un uomo vuoto. Aro ha usato il dono di Chelsea per rendere Marcus leale ai Volturi, benchè nemmeno il potere di Chelsea sia in grado di far provare a Marcus alcun entusiasmo per questo."
 
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kiarame_86
CAT_IMG Posted on 9/9/2009, 20:53




aaa ma era Marcus il compagno della sorella di aro, va be questo mi lascia fuori caius, mio obiettivo inizale, be però che triste questa storia, mi fa pena, povero Marcus, vedrò cosa posso tirare fuori dal cappello magico anche per lui, magari gli regalo anche a lui un po' di felicità.
GRAZIEEEEEEEE fatamorgana sei stata gentilissima a fornirmi la storia io non sono riuscita a trovare molto sui vulturi.
 
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aurap
CAT_IMG Posted on 10/9/2009, 10:14




che meraviglia, sono curiosa scrivi scrivi, fai incontrare un altra vampirella a jasper in california?
 
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47 replies since 31/8/2009, 19:01   583 views
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